SOCIOLOGIA MEDICA E MEDICINA SOCIALE

Autora: Concetta Filomena Sinopoli

 

ÍNDICE:

1. La medicina come fenomeno sociale 
1.1. Medicina: Arte o scienza? Origini, scopi e sviluppi
1.2. Aspettative sociali e ruolo della medicina
1.3. Il medico: da Ippocrate ad oggi, scienziato o tecnico…

2. I rapporti tra medicina e societa’ 
2.1. Cure, sistemi assistenziali e allocazione delle risorse
2.2. Informazione scientifica e pubblicità 
2.3. Medicina allopatica, omeopatica, olistica, naturale
2.4. Scelte e politiche socio-sanitarie

3. Medicina sociale e campi d’indagine 
Premessa
3.1. Età della vita ed educazione sanitaria
3.2. Ambienti di vita e di lavoro: rischi e prevenzione
3.3. Patologie sociali, fattori di rischio, riabilitazione 
3.4. Condotte sociali ed educazione alla salute
3.5. Prevenzione ed organizzazione delle risorse
3.6. Controllo della qualità dei servizi

4. Epidemiologia e statistica 
4.1. I metodi dell’indagine sociologica
4.2. Dati e interpretazione
4.3. Ricerche e tendenze sociometriche

5. Diritto, legislazione, economia e medicina
5.1. Diritti umani e diritto
5.2. Deontologia, norme e legislazione
5.3. Il rapporto medico-cittadino e la giurisprudenza
5.4. Limiti economici per i servizi e per la spesa medica
5.5. Medicina e ricerca scientifica: limiti etici o bisogni di mercato?

1. LA  MEDICINA COME FENOMENO SOCIALE

1.1.Medicina: Arte o scienza? Origini, scopi e sviluppi
Sin dalle sue origini mitologiche la medicina si è configurata come disciplina propriamente ‘umana’, capace di sottrarre i segreti della vita alla sfera delle credenze e dei riti religiosi per riportarne gli effetti terapeutici all’uomo, secondo le sue necessità di cura fisica, psichica e spirituale. Asclepio, dio greco, divenuto Esculapio per i Romani, figlio del dio Apollo e di Coronide (figlia del re di Tessaglia, Fegia), viene strappato, per intervento del padre, dal grembo materno mentre il corpo della madre terrena sta bruciando sul rogo funebre e affidato al Centauro Chirone. Alla scuola del Centauro, Asclepio acquista la conoscenza degli incantesimi, dei filtri, delle droghe e della chirurgia (Pindaro, Pitiche, III). Egli detiene il potere magico (la mêtis) di guarire e di ricondurre in vita. Viene definito come ‘Colui che più ama gli uomini’, e infatti, dopo aver appreso i segreti degli dei, pone il suo sapere al servizio degli uomini. La stessa Atena gli affida il sangue della Gorgone come pozione magica: esso cavato dal lato sinistro del mostro è un veleno mortale, mentre cavato dal lato destro risulta essere un potente rimedio capace di risuscitare i cadaveri (Apollodoro, Biblioteca, III,3). Asclepio mostra di avere poteri tali da operare prodigi suscitando l’ira di Zeus che vede nei suoi miracoli il sovvertimento dell’ordine naturale e il principio del disordine del mondo: non può permettere la perdita dei privilegi degli dei e fulmina il responsabile. Asclepio invece di scomparire o di perdersi nell’ade, diviene un vero e proprio dio che compare nel firmamento sotto forma di costellazione, il Serpentario. In questa nuova veste risulta essere un dio della terra, benefico, figlio di Febo, il Sole, rappresentato in forma di vecchio, barbuto, pensoso e benevolo che si accompagna ad un bastone, attorno al quale è arrotolato un serpente. E’ noto che la città nella quale si sviluppò il suo culto fu Epidauro, nel Peloponneso, sul mare Egeo e di fronte ad Atene, considerato un luogo di guarigione e di cure ‘rituali’ da seguire rigorosamente in appositi ambienti. 
Per ottenere i benefici di Asclepio occorreva purificarsi attraverso la pratica del digiuno, dell’astinenza, dell’astensione dai rapporti sessuali, dormire sulla nuda terra e attendere la visita di serpenti non velenosi che si aggiravano liberamente per il ‘santuario’; abluzioni rituali e testimonianze di ex-voto completavano il quadro. Scuole di medicina iniziarono a sorgere con la diffusione del culto di Asclepio. Fra coloro che furono considerati suoi discendenti o suoi sacerdoti, gli Asclepiadi:  lo stesso Ippocrate che esercitò la sua arte sull’isola di Coo, da cui la sua fama di grande medico si diffuse. 
Il mito sottolinea il legame tra divinità e natura che, anche nella storia della sua evoluzione, la medicina sembra mantenere attraverso le sue prerogative di mistero-conoscenza, d’indagine e di sapere non è a chiunque concesso, di ‘segreti’ ai quali solo alcuni possono accedere per il bene di tutti, in una dimensione di sacralità e di ‘conquista’ del cielo, come sfida e possibilità per gli uomini. Tale origine, -sembrerebbe, ‘umano-divina’-, intende spiegare  azioni e rivelazioni di ‘conoscenze’ per il bene dell’uomo, e fondare la ‘capacità’ di restituire, a chi l’ha perduta, integrità delle membra e vita, sino ad oltrepassare il limite, riportando alla vita i cadaveri.
Gli sviluppi scientifici, le scoperte e le possibilità di cura, i rimedi di Galeno e le acquisizioni di ogni tempo, dalla chirurgia egizia all’erboristeria monastica, dalla scienza delle prime università mediche: Salerno, Padova, Bologna…al sapere rinascimentale, non hanno mai affermato che la medicina fosse scienza tout court, definendola  ‘arte’ nel senso pieno, presupponendo il fattore umano di colui che opera, agisce (ars medendi) rapportandosi ad un altro che gli rivolge la richiesta di essere aiutato a guarire. L’arte medica, pertanto, non ha lo scopo di guarire- è il paziente, propriamente, l’artefice della sua guarigione- quanto quello di curare, attraverso l’indagine delle cause, la comprensione del processo patologico e la sollecitazione a ripristinare condizioni igienico-alimentari, organiche e specifiche per il recupero della salute, per giungere a guarigione. 
Farmaci e rimedi  non sono stati in passato il primo aiuto del medico, né costituiscono l’essenza dell’arte medica: essi fanno parte delle possibilità  di aiuto, della cura, ma oggi come un tempo possono persino risultare veleni mortali e non idonei a curare quel ben preciso soggetto che al medico richiede ‘non solo farmaci’. Uno dei termini sui quali giova riflettere e indagare è ‘medicina’ usato per indicare in passato la ‘conoscenza’ del medico ed oggi sinonimo di farmaco, di quello che era il rimedio al male, prescritto, preparato e somministrato dal medico stesso.

1.2. Aspettative sociali e ruolo della medicina
E’ dell’ultimo trentennio di storia sociale della medicina, la crisi della cosiddetta scienza ufficiale o convenzionale rispetto ad una gamma quanto mai variegata e, spesso, non proprio adeguatamente indagata, di ‘possibili cure alternative’. Minacce di frantumazione della figura monolitica del medico taumaturgo, depositario del sapere sull’uomo, che da tempo ormai aveva imparato a dividere il suo rapporto esclusivo e personale con il proprio paziente soltanto con quello del sacerdote, nella distinzione dei ruoli e di ben precise competenze, si erano manifestate negli ultimi secoli, attraverso l’ulteriore suddivisione degli aspetti di cerusico e speziale, di chirurgo e di clinico, mai del tutto separati. In seguito l’interesse sperimentale di alcuni medici per le neuroscienze introduce nuove metodiche d’indagine: la psicanalisi e la più recente psicologia. Tali saperi paralleli, collaterali, parti implicite dell’unica arte, che tutto considerava sotto il proprio dominio, interpretando gli stati emotivi e  i loro presupposti sintomatici,  rimandando ad altra competenza ciò che considerava ‘spirituale’ e non fisico, separandosi, almeno in parte, creeranno un’ulteriore perdita delle caratteristiche professionali proprie del medico. Nel processo di precisazione, di definizione e di delimitazione del campo di lavoro, proprio di ogni rispettabile ‘scienza’ in tempi moderni, la medicina, che della scienza non possiede lo stigma originario, pur utilizzandone metodologie compatibili, rischia di snaturarsi e, paradossalmente, si moltiplica in forme e sistemi di cura a volte del tutto opposti e in contraddizione: specializzazioni e suddivisioni settoriali, tecnologie applicate ed esigenze di processi codificati, protocolli e banche dati, razionalizzazione e programmazione dei sistemi di cura… risultando, però, incapace di far fronte alle nuove situazioni, quali diffusione di patologie sociali o dipendenti da fattori di rischio sociale (condotte voluttuose, pericolose, sessuali, ambientali), di prendersi cura di soggetti che per età o per condizioni di salute risultino in situazione di necessità costante, di accogliere la vita e di accompagnarne l’evolversi sino alla morte naturale. Come sottolinea D. Secondulfo, “la medicina tradizionale, figlia dell’illuminismo e della modernità…che si sviluppa a partire dal modello organico-anatomico e che prevede il collegamento tra organi-sintomi-malattie e medicinali, e che in occidente si distingue per la progressiva specializzazione e tecnologizzazione, se ha ottenuto vasti risultati nei confronti di diverse patologie, ha lasciato completamente scoperta una vasta area di bisogni, che ora emergono prepotentemente e cercano nuove strade di soddisfazione”: Sembrano ormai acquisiti i dati sociologici di una ‘rivoluzione silenziosa’ nel mondo dei valori socialmente condivisi, che consiste nella sostituzione del complesso valoriale dominante di tipo ‘materiale’, basato sui bisogni di tipo sostentativo e protettivo, con altri valori che coinvolgano e privilegino gli aspetti qualitativi della vita, quelli espressivi, estetici e relazionali, qusi un rinnovamento generazionale che sarebbe già in corso in Europa, negli USA, ma anche nel resto del mondo, (secondo gli studi di R. Inglehart, 1977, 1996; J. Stoetzel, 1983). Il pluralismo comportamentale o elettivo restringerebbe gli orientamenti ‘prescrittivi’ tradizionali (M. Ferrari Occhionero, 1998) spingendo a comportarsi nel senso dell’auto-direzione. Tra questi neo-modelli di valore, da collocarsi nell’ambito della transizione post-moderna-  si può individuare anche ‘la perdita di importanza dell’autorità burocratica e della razionalità scientifica, cui corrisponde un incremento dell’autonomia individuale e dell’auto affermazione’ (R. Inglehart, 1996). Il proliferare di medicine ‘alternative’ conferma al tempo stesso l’indirizzo sempre più diffuso verso l’autonomia decisionale dell’antico ‘paziente’ ormai divenuto ‘cittadino’ nei codici deontologici e la sua volontà di essere curato secondo le sue aspettative ed i suoi bisogni. Il  disagio nel rapporto medico-paziente si è allargato sino alla rottura di schemi ormai considerati paternalistici, obsoleti, inadeguati alla cultura e alla modernità. Il concetto pregnante di mercato, nel quale si rimane parte operante ed attiva solo se si riesce a soddisfare la domanda, inducendo con apposite strategie i bisogni, investe le multiformi professioni mediche, ridefinisce la malattia, sollecitando le aspettative della persona, esclusa da tempo dalla considerazione globale: e, così, il malato defraudato della sua malattia, spesso occasione di coinvolgimento relazionale, si rivolge ad altri, meno esperti, ma capaci di considerare i suoi inespressi o inesprimibili bisogni.

1.3. Medico e malattia: da Ippocrate ad oggi, scienziato o tecnico…
I termini di ‘salute’ e ‘malattia’ hanno subito, nella storia della medicina occidentale una traduzione in termini operativi, diventando situazioni oggettive, ben definite e inquadrabili. La malattia diviene morbo, male, criterio di esclusione; i suoi germi possono essere individuati, isolati, coltivati, trapiantati in luoghi e terreni (laboratori e popolazioni), i suoi reperti vengono classificati e custoditi (archivi, musei), le sue manifestazioni devono essere affidate ad esperti per essere controllate, eliminate, poste sotto osservazione e vigilate adeguatamente ; inoltre devono essere previste, gestite e  amministrate le risorse necessarie a debellarla, a renderla inoffensiva, alla sua eliminazione intesa come controllo temporale e geografico delle sue recidive e della sua diffusione, sino alla sporadica eradicazione definitiva. Già per decorso e sopravvivenza, vengono distinte forme benigne e maligne, riservando alla malattia sporadica e di un solo individuo una considerazione sociale ben diversa dai mali endemici o dalle epidemie di malattie conosciute o sconosciute, vere e proprie calamità socio-economiche per città, regioni e stati, nei quali imperversavano concomitanti carestie o guerre, con la prospettiva di distruzione generalizzata. Gli atteggiamenti nei confronti della malattia risultano essere, anche in epoche diverse: paura, richiesta di aiuto al medico e alla divinità, alle quali fa seguito l’attesa degli eventi, la rassegnazione o la speranza. Se il malato percepisce l’aggravarsi della sua situazione si predispone alla morte, adempiendo ai suoi obblighi morali nei confronti della famiglia, disponendo le sue volontà e gli ultimi istanti secondo le sue convinzioni umane e religiose, accettando il limite comune. Di fronte alle moderne soluzioni alla gravità del male, -trapianti salva-vita ed altro-, persino la morte è divenuta inaccettabile e procrastinabile, se le possibilità economiche ed i servizi sanitari continueranno a permetterlo, almeno ad alcuni. Anche i luoghi di cura si differenziano per concezione e funzioni da quelli antichi: il malato rimane solo con le persone che s’incaricano di curarlo, affidandosi ad esse e alle loro conoscenze, dipendendo anche in fatto di libertà personale dal luogo di cura che non può lasciare autonomamente. Alimentazione, igiene e trattamenti sono decisi da altri…non potendo, in tempi non lontani, essere neppure informato direttamente del proprio stato e senza riuscire a capire molto di quanto gli veniva, a volte, comunicato sulla propria malattia. Si configurano gli ambiti specialistici, i reparti e le case di cura apposite, anche il termine ‘malattia’ acquista nomi specifici e altisonanti che risuonano come stati morbosi, sindromi, quadri patologici…o come neoplasie, tumori, ulcere, cancro, parole inquietanti che terminano in ‘ite’, ‘oma’, ‘osi’,…
L’evoluzione tecnologica della società moderna fonda il proprio dominio sul controllo della natura attraverso discipline scientifiche positive che applicano i loro modelli sperimentali in ogni campo. La medicina occidentale si precisa in medicina di base con un’attenzione alla persona che accusa sintomi di malattia e specialistica, che accerta un ben preciso stato patologico attraverso esami diagnostici e clinici ed ha come luogo di riferimento l’ospedale. Chimica, fisica, farmacologia e tecniche chirurgiche concorrono a rendere più efficace le terapie, ma non corrispondono ai bisogni di cura della persona malata: convalescenza, periodi di recupero post-malattia, quadri psico-fisici e disturbi psico-somatici concorrono a riportare ogni patologia allo stato di malessere della persona, ormai parcellizzata, il cui organo, quasi sezionato in vivo, è stato curato in modo particolare, isolato dal resto del corpo, quasi non facesse parte integrante del malato, uomo e persona, con i suoi stati emotivi, esistenziali, il suo modo di recepire, soffrire, reagire, il suo bisogno di capire e di essere ascoltato, aiutato a combattere il suo ‘mal-essere’, espresso in quella specifica malattia. Alcune moderne patologie risultano essere distruttive nei confronti del sistema immunitario, altre inducono proliferazioni cellulari incontrollabili: paradossalmente l’immunità e la riproduzione cellulare si ricollegano alla possibilità di sopravvivenza dell’individuo, cui consegue il suo ordinato e regolato sviluppo, e questo proprio nell’era della lotta farmacologica a virus e batteri d’ogni tipo e di decodificazione genomica. 
Alla riduzione, da parte di un sistema politico-organizzativo, della medicina ad operazione di un più ampio mercato, di cui importa più la gestione economica che l’efficacia curativa, più i risultati d’immagine che la salute dei cittadini, del medico a tecnico, più o meno preparato dal punto di vista culturale, ma accorto a norme e in guardia nei confronti di reclami e denunce all’autorità giudiziaria, corrisponde una generale insoddisfazione, sia della categoria lavorativa, sia della stragrande maggioranza dei cittadini-utenti che come tali hanno maggiori esigenze di risposte immediate ed efficienti. Il rapporto di fiducia medico-paziente è ormai relegato in alcuni studi di medicina ‘di famiglia’, divenuta soltanto ‘di base’, mentre riprende ad ossigenarsi nel rapporto con i medici che praticano alcune serie medicine alternative (omeopatia unicista, agopuntura), per illudere di essere almeno ‘gratificato’ da altre metodiche poste in atto da millantatori di guarigione.

2. I RAPPORTI TRA MEDICINA E SOCIETA’

2.1. Medicina allopatica, omeopatica, olistica, naturale
Si definiscono: 
Medicina allopatica (da gr. άλλος  - altro e πάυος -  malattia): Metodo di cura nel quale si fa uso di medicamenti la cui azione nell’uomo sano produce fenomeni morbosi diversi da quelli osservati nel malato. Il farmaco ha lo scopo di neutralizzare e rendere inoffensivo l’agente patogeno  responsabile della malattia; tale azione non è esente da effetti collaterali e controindicazioni in quel determinato individuo, con la propria storia clinica e biologica. E’ la comune e tradizionale medicina, legalmente riconosciuta e praticata.

Omeopatia: (da gr. όμοιος   – simile στάσις malattia, sofferenza), metodo terapeutico che consiste nel trattare i malati –somministrare al malato rimedi o- agenti che si suppongono dotati delle proprietà di produrre sull’uomo sano sintomi simili a quelli che si vogliono combattere (Littré). Attualmente sono diverse le scuole omeopatiche presenti in Italia, alcune delle quali somministrano composti ed estratti vegetali di dubbio significato omeopatico, essendo il metodo che Hahnemann, medico del 700, fondatore dell’Omeopatia classica, strettamente unicista, prevedendo cioè la somministrazione di un rimedio ben preciso capace di sortire quel determinato stato patologico nell’individuo sano, come riportato da Littré.

Olistica (da gr.όλος - tutto): è metodo/approccio di cura che si occupa di tutto l’individuo, della persona e considera il malato nella sua specifica situazione. La malattia non può essere staccata dal rapporto con il resto del corpo o estrapolata dal sentire e dal vissuto della persona che ne risulta affetta. E’ l’antico insegnamento ippocratico che ricentra la medicina   nell’ambito di un rapporto personale e di fiducia medico-malato e ricompone l’unità della cura nella continuità del prendersi cura; ancora riscontrabile nella medicina generale e non appalto esclusivo delle medicine alternative.

Naturale: termine aspecifico, spesso associato a metodi erboristici e di cura non convenzionale e incontrollati, non esercitata da professionisti, può causare intossicazioni e avvelenamenti per abuso di principi attivi tossici o assunti in dosi eccessive. Mentre era praticata negli antichi monasteri, da esperti di un tempo, è oggi erroneamente pubblicizzata come possibile a tutti, secondo ricette e manuali non sempre sottoposti a verifiche o a controlli dell’autorità sanitaria.

2.2. Informazione scientifica e pubblicità 
Una delle trasformazioni più rischiose della medicina a sapere diffuso e generalizzato, senza alcun criterio normativo in atto, è lo sfruttamento dell’interesse delle tematiche inerenti la salute e le malattie da parte dei media che hanno divulgato al solo fine dell’audience televisiva o della tiratura di un giornale, ogni sorta d’informazione, di curiosità, di pseudo-scienza e di ultima scoperta medica, senza limite e senza ritegno. Riviste e rotocalchi, inserti e settimanali, trasmissioni sullo scibile medico, condotte con garbo o con l’intento di affermarsi, di curiosare in sala operatoria o in ambiti del tutto estranei ad un giornalista, si sono moltiplicati a dismisura, riservando le risposte ad esperti che diventano ‘medici di grido’ ‘referenti televisivi’ per quella patologia, spazi e possibilità di amplificazione del fenomeno. La ‘tele-medico-mania’ ha ben altro successo rispetto alla telemedicina che permette, invece, di controllare pazienti a rischio o bisognosi di aiuto direttamente a casa, attraverso telecamere e computer. I sistemi di prossimità al paziente non sembrano affermarsi in modo operativo e con adeguata diffusione: i medici di base diventano burocrati di un sistema in cui abbondano modulistica ed obblighi cartacei, la prevenzione si riduce a chiacchierate televisive e a pubblicità…a campagne con richiesta di fondi per la malattia di turno, nell’ambito del monopolio televisivo, del canale che organizza la maratona milionaria per la ricerca o per la lotta al cancro. Lungi dall’essere parte sia pur minima dell’informazione scientifica, siamo in presenza di un fenomeno commerciale senza precedenti che propaganda illusioni collettive di cura, che diffonde immagini non corrispondenti a realtà, che non usa il buon senso della comunicazione e, ancor meno, gli strumenti dell’informazione scientifica. Il numero di pagine pubblicitarie, che va dai prodotti farmaceutici da banco ad ogni tipo di prodotto per il benessere del corpo, l’estetica o lo sport, permette la nascita di una nuova pubblicazione, all’insaputa di ignari lettori e consumatori.

2.3. Cure, sistemi assistenziali e allocazione delle risorse
Le cure facevano parte della sfera privata, delle possibilità dell’individuo: spesso, presso i Greci e  i Romani, si preferiva avere in casa schiavi o liberti che avessero competenze mediche. Il Cristianesimo diffonde la compassione, secondo l’insegnamento evangelico dell’amore al prossimo, e le cure vengono prestate presso gli stessi luoghi di carità e di pellegrinaggio. Con gli ordini di carità e le missioni si svilupperà ulteriormente l’assistenza cristiana ai malati d’ogni genere, agli incurabili, a coloro che non possono contare su un familiare: si fa riferimento collettivo agli ospedali, ma se non sono sovvenzionati da beni e lasciti di generosi benestanti o retti da congregazioni religiose, sono i singoli a pagare le spese di mantenimento. In epoca recente nascono mutue e sistemi assistenziali, prima dietro rimborso spese, poi attraverso l’offerta dei servizi le cui spese vengono sostenute dallo stato attraverso il sistema contributivo dei lavoratori, con l’aggiunta da parte del malato di una quota differenziata per prestazione e, qualche volta, secondo il reddito personale e familiare. Sistemi più avanzati per far fronte alla crisi occupazionale e all’aumento di prestazioni, che è destinata a crescere a livello mondiale con l’innalzamento della vita media e l’aumento della popolazione anziana, hanno subordinato l’erogazione assistenziale alla stipula di polizze assicurative private, destinate a farsi strada anche in Europa, come dimostrano i dati e le formule di assicurazioni integrative, professionali, private, bancarie.

2.4. Scelte e politiche socio-sanitarie
Il Servizio Sanitario Nazionale sembra mancare di un’organizzazione tale da evitare sprechi e dissipazione delle risorse, di un controllo centrale che le Regioni hanno parzialmente assunto e che dimostra la disomogenea situazione nazionale alla luce di macroscopiche differenze tra Nord e Sud, tra dichiarazioni e decreti legislativi,  realizzazioni di strutture e servizi territoriali ormai superati. Il punto nodale risulta essere il ritardo applicativo di quanto viene previsto a livello nazionale, ma che alcune regioni soltanto riescono ad organizzare e gestire. Il flusso di migrazioni per cure dal Sud al Nord, specialmente per gli interventi chirurgici e migliori possibilità diagnostiche, pone ulteriori problemi in merito di razionalizzazione delle risorse e di oculata gestione. Alcune questioni etiche devono essere ancora considerate, mentre in molti paesi del mondo sono già state affrontate e risolte: ad esempio, se sia giusto, socialmente e attualmente, insistere con alcune ricerche estreme e con l’offerta di cure straordinarie e gratuite, come gli stessi trapianti o molti di essi, mentre non si possono  assicurare cure adeguate fondamentali a tutti i cittadini o gli stessi presidi di prevenzione territoriale e capillare, con le medesime risorse che continuano ad essere stanziate per assicurare banche dati, spese di trasporto per gli organi e tante altre dispersioni delle medesime e sempre più esigue risorse sanitarie.
Diversi modelli etici indirizzano spesso le politiche socio-sanitarie: differenze macroscopiche caratterizzano una politica utilitaristica da una proposta personalista. La riflessione sull’equità e sulla giustizia economica, considerando il diritto di tutti al massimo delle possibilità condivisibili, potrebbe sollecitare metodologie d’intervento e di programmazione, costituendo un punto di partenza per un rinnovato impegno sociale in un campo di massima utilità comune.

3. MEDICINA SOCIALE E CAMPI D’INDAGINE

Premessa
La Medicina sociale, materia d’insegnamento universitario in Italia dal 1963, a Roma dal 1968, studia il rapporto ‘fra salute dei cittadini e comunità organizzate’, affronta i diversi aspetti che influenzano e determinano la salute delle persone, intesa non soltanto come assenza di malattia, ma come benessere e tutela sanitaria, studia i rapporti tra ambiente e cittadino, lavoro, territorio in ordine al sistema di riferimento giuridico, politico ed economico. Indaga, inoltre, ‘il collettivo fisiologico e patologico’ con le sue diverse esigenze di approfondimento, di riflessione, di metodologie, di proposta e di praticità, esaminando le cause predisponenti, i fattori sociali di rischio per individuare strategie di prevenzione e soluzione dei problemi attraverso i fondamenti della ricerca sociologica e i metodi scientifici di rilevamento e di valutazione dei dati e delle conoscenze acquisite. La medicina sociale si pone come indicazione di riferimento per la programmazione di strategie e progetti socio-sanitari e trova nel dato di carattere economico correzione e conferma, svolgimento e possibilità attuative, ma ha come scopo ed interesse la giustizia sociale, l’educazione alla prevenzione come acquisizione personale e collettiva, il raggiungimento da parte delle categorie più deboli di condizioni socio-sanitarie adeguate, la condivisione da parte dei cittadini di uno Stato del ‘pubblico bene’; a tale scopo, il rapporto medicina-società svolge un ruolo determinante.

3.1. Età della vita ed educazione sanitaria
Uno degli ambiti naturali della medicina sociale è costituito dalle diverse età della vita, esaminate nei loro aspetti fisiologici e patologici, di difficoltà d’inserimento, di esigenze preventive, diagnostiche e riabilitative. Dall’infanzia- età pediatrica,  alla terza età o alle patologie senili precoci o avanzate, dall’adolescenza legata al disagio, al rischio, alle condotte trasgressive, dalla sessualità alla presenza sul territorio di consultori e di servizi materno-infantili, dalla prevenzione eugenetica attraverso la conoscenza di patologie ereditarie e familiari, sino ai fattori di rischio a cui si è esposti in gravidanza, per una determinata attività lavorativa, in un determinato ambiente di lavoro o di vita, o in condizioni psico-fisiche particolari…ciascuna situazione presenta le sue peculiari forme di possibile prevenzione e ogni persona può essere indirizzata, curata e sostenuta al fine del raggiungimento del proprio stato di salute o del miglioramento di un quadro irreversibile, attraverso l’integrazione ed il sostegno medico-sociale. E’ obiettivo primario dell’educazione sanitaria impedire che il disagio, lo svantaggio, impediscano la crescita o lo sviluppo di un minore, condizionino il suo futuro, l’esposizione al rischio induca a condotte violente, antisociali, patologiche; che in età più avanzate l’individuo non si ritrovi emarginato e senza risorse per la sopravvivenza, a causa di una patologia sociale o della senescenza; che una madre non sia costretta all’aborto o all’abbandono del figlio per mancanza di assistenza economica e psicologica; che droghe e malattie a trasmissione sessuale non siano considerate piaghe incontrastabili, ma siano argomento affrontato a livello educativo, familiare, scolastico e sanitario.

3.2. Ambienti di vita e di lavoro: rischi e prevenzione
Ogni attività lavorativa presenta aspetti di rischio specifico, spesso legati all’ambiente di lavoro nei suoi costituenti fisici essenziali: temperatura, illuminazione, rumori, vibrazioni, presenza di sostanze chimiche o di macchinari, ionizzazione o presenza di onde elettromagnetiche, materiali di lavorazione o di componenti capaci di scatenare allergie, disturbi respiratori o gastrointestinali, liquidi infiammabili o tossici come propellenti, fertilizzanti, pesticidi, diserbanti usati in agricoltura, collanti e vernici, smalti e ritrovati ad uso dell’industria del legno, della pelletteria e in campo edilizio. In ambito industriale, artigianale, edilizio ecc., molte patologie sono legate alla frequenza di condizioni difficili e non suscettibili di cambiamenti, ai turni lavorativi o ad eventi accidentali, o  mancate condizioni di sicurezza proprie di quell’attività lavorativa. Le recenti norme di legge che prevedono personale responsabile della sicurezza nei diversi ambienti di lavoro, non contemplano adeguate verifiche dell’attuazione, pur stabilendo criteri di diffusione e di conoscenza della normativa. La prevenzione primaria è senza dubbio legata alla considerazione dei rischi e all’eliminazione dei fattori scatenanti e controllabili. La prevenzione secondaria consiste nell’arginare gli effetti dell’evento patogeno, mentre per prevenzione terziaria s’intende la fase riabilitativa che ha efficacia preventiva rispetto a fissazione della patologia in uno stadio cronico e non più recuperabile, oltre a prevenire l’eventuale perdita di lavoro e di posizione sociale.

3.3.  Patologie sociali, fattori di rischio, reintegrazione sociale

Sono considerate patologie sociali quelle presenti con alta incidenza, continuità ed elevata frequenza in una popolazione. Esse presentano spesso mortalità elevata ed assenteismo dal mondo lavorativo, generano perdite economiche per la  collettività e impongono misure di difesa collettiva. Sono considerate malattie sociali : le malattie cardiovascolari, i tumori, le broncopneumopatie, le malattie dell’apparato digerente, le malattie reumatiche, gli stati disendocrini e dismetabolici, le microcitemie, morbo di Cooley e l’anemia microsferocitica. Sono state successivamente aggiunte altre patologie quali: traumatismi causati da incidenti stradali, glaucoma, ametropie e alterazioni degenerative sensoriali, l’epilessia, le malattie mentali e altre più recenti.
Alta incidenza: indica il carattere quantitativamente rilevante dal punto di vista statistico.
Continuità di elevata frequenza: significa che la malattia mantiene la propria rilevanza nel tempo e coinvolge pertanto la collettività e la sua risposta.
Danno economico: è il danno dell’individuo (mancata produttività, mancato guadagno), ma anche quello che  deriva alla collettività dallo sforzo assistenziale causato dalla malattia (ambulatoriale, ospedaliero, domiciliare, farmaceutico…) e per mantenere presidi ed organizzazione relativi ad essa. 
Far rientrare il danno  personale e collettivo, almeno entro parametri accettabili, significa riportare in condizioni di produttività e di qualità di vita l’individuo affetto da patologia sociale, in condizione di rischio abituale o continuo, che ha subito traumi ed incidenti. 
L’aumento della sinistrosità stradale, il verificarsi di calamità naturali che necessitano di interventi e di programmazione di protezione civile, adeguate strutture e progettazione riabilitativa,  rientrano nelle competenze e nel quadro degli interventi medico-sociali, sia per quanto concerne la previsione dei rischi e degli interventi, sia sul piano della modernizzazione di tecniche ed ausili riabilitativi, al fine della reintegrazione sociale delle persone e di gruppi di popolazione.

3.4. Condotte sociali ed educazione alla salute

Condotte personali e collettive, giovanili, voluttuarie, sessuali ecc. provocano un numero sempre maggiore di situazioni che  implicano costi sociali non indifferenti, che sollecitano, a partire dai dati a disposizione degli operatori, una precoce azione d’intervento educativo e preventivo nei luoghi più frequentati  dai giovani o in alcune sedi elettive di aggregazione. Uno degli atteggiamenti politici più in voga in Europa sembra  essere la ricerca del consenso giovanile ad ogni costo, assecondando gli atteggiamenti e le richieste attraverso pronunciamenti e proposte di legge. Come alcuni Paesi hanno sperimentato, il permissivismo e la depenalizzazione incentivano l’uso degli stupefacenti e inducono ad altre condotte trasgressive. L’educazione alla responsabilità, alla fruizione corretta di strade e servizi, il rispetto della legalità e dei beni sociali concorrono all’acquisizione del valore della salute, all’autoconservazione di un bene non disponibile, alla riflessione sugli interessi comuni che alla salute sono collegati, compromessi inevitabilmente da patologie, traumi, stati alterati di coscienza e riduzione delle proprie capacità a causa di sostanze inebrianti o stupefacenti, di droghe sintetiche, di abusi farmacologici, di comportamenti irresponsabili e sconsiderati.

3.5.Prevenzione e competenza organizzativa delle risorse

La medicina preventiva viene distinta in eziologica e patogenetica.
La prima riguarda tutte le cause di malattie o noxae
-climatiche: agenti patogeni attivi e nocivi in determinate condizioni, 
-fisiche: traumatismi, radiazioni, temperatura ecc.
-biologiche: fattori costituzionali genotipici (sesso, età, razza) o legati a infezioni, professioni, alimentazione ecc.
La prevenzione  eziologica prevede tre diversi momenti applicativi, distinguendosi in :

1)Primaria (ha lo scopo d’impedire l’insorgenza delle malattie)

  1. individuale (su cause biologiche, microbiche e parassitarie)
  2. di massa (su cause chimiche e fisiche)
  3. ambientale (sul complesso vivente, sociale, climatico)

2)Secondaria (diagnosi precoce)

  1. su singoli individui
  2. su gruppi di individui

3)Terziaria (recupero)

  1. cura
  2. riabilitazione

La prevenzione patogenetica fa riferimento alla costituzione dell’individuo, terreno biologico sul quale agiscono le precedenti cause. I fattori eziologici e patogenetici  possono essere di natura esogena ed endogena.
L’educazione preventiva e la prevenzione permettono un notevole risparmio di risorse: umane, strumentali, tecnologiche, organizzative. L’insistenza da parte della medicina sociale sulla necessità di prevenire e sulla centralità del medico di famiglia in tale processo non sembra essere stata recepita e rielaborata in modo congruo e visibile. Attraverso progetti disparati e privi di risultati verificabili o di riscontri oggettivamente validi, sono stati investiti fondi per la prevenzione scolastica, ma spesso operatori del tutto estranei alla medicina o alle discipline scientifiche hanno diffuso e pubblicizzato sistemi e soluzioni, invece d’indurre un processo educativo responsabilmente assunto dai soggetti coinvolti su basi di ben precise conoscenze scientifiche. Ne è risultato un certo indottrinamento ideologico sostenuto dal badget di spesa della collettività, con l’aumento del numero dei fumatori  o con una nuova consapevole inclinazione a considerare non dannose le cosiddette ‘droghe leggere’ e ‘naturali’ altri comportamenti giovanili. 
Una oculata e controllabile gestione delle risorse, la loro organizzazione sull’intero territorio nazionale, secondo criteri di efficienza e funzionalità, di necessità e di soddisfacimento di reali bisogni di salute fa parte delle funzioni del ministero della Sanità e della sua azione di vigilanza nazionale. Compiti specifici e di attuazione sono affidati alle Regioni, agli Assessorati alla Sanità regionali e provinciali, alle Unità Territoriali, alle Aziende Sanitarie Locali.

3.6. Controllo della qualità dei servizi
Da tempo la qualità del servizio, l’assenza o l’inefficienza della risposta alle esigenze curative ed assistenziali suscita malcontento, polemiche e proteste: errori attribuiti alla responsabilità personale degli operatori ospedalieri, al medico specialista, in campo diagnostico e terapeutico, hanno portato al costituirsi di associazioni quali il ‘tribunale dei diritti del malato’, a sottolineare il compito dei comitati etici e delle Associazioni di categoria, quali gli stessi Ordini provinciali e le federazioni mediche di base o di medicina specialistica. Dati stastistici e inchieste forniscono indicazioni di quanto è già successo, delle cause e della frequenza di errori subiti dai cittadini, della loro maggior ricorso agli organi di tutela competenti.
Resta ancora poco diffuso il controllo di qualità da parte delle strutture  in cui si è chiamati ad operare o alle quali ci si rivolge: se il cittadino non reclama i suoi diritti o non chiede conto di comportamenti poco corretti o dell’abuso di autorità  ecc., molte infrazioni a codici deontologici e molte negazioni dei diritti della persona, nonostante le proteste, non vengono registrate, né considerati tali da superiori e strutture. Ne consegue l’orientamento polemico diffuso nei confronti della categoria medica, degli ospedali, della sanità e, spesso, la penalizzazione sociale del settore assistenziale pubblico rispetto al privato, che attua, per ovvi interessi, controlli diretti e indiretti.

4.EPIDEMIOLOGIA E STATISTICA

4.1. I metodi dell’indagine sociologica
Tali metodi sono utilizzati con un approccio interdisciplinare per lo studio del <<gruppo>> sociale, nelle sue manifestazioni fisiologiche e patologiche di pertinenza medica. Il campo medico-sociale d’indagine risulta più vasto e articolato rispetto a quello medico-clinico, ponendosi in un più vasto orizzonte conoscitivo e di studio. La ricerca medico-sociale è ‘peculiare attività scientifica che mira a recepire e valutare l’interesse collettivo dei fenomeni biologici umani o dei problemi ad essi connessi, che si prefigge di stabilire i provvedimenti atti ad eliminare o ridurre le eventuali conseguenze dannose: essa si attua attraverso lo studio del suo oggetto di ricerca, il reperimento dei dati necessari d’interesse sociale, l’elaborazione, la correlazione dei dati stessi e le conclusioni di ordine scientifico e pratico. L’inchiesta medico-sociale costituisce uno strumento tecnico d’indagine, per reperire, mediante interviste, sopralluoghi, esami di documenti, l’insieme dei dati indispensabili alla ricerca; essa ha carattere straordinario attuandosi quando le fonti risultano insufficienti, non proprio attendibili o non idonee.

4.2. Dati e interpretazione
Per studiare una popolazione occorre riferirsi ad aspetti ben definiti, quali quello di <<stato>>(popolazione presente, residente, età e sesso, struttura e rapporto delle diverse componenti e <<movimento>> (componenti naturali: natalità, mortalità e sociali: migrazioni interne ed esterne) della popolazione stessa. Se s’intende studiare il fenomeno della natalità, occorre riferirsi rispettivamente al ‘Quoziente di natalità’, che è dato dal numero dei nati vivi nel tempo stabilito (annuo) diviso per la popolazione complessiva di quel territorio e nel medesimo periodo e dalla misura (rapporto) tra i nati vivi rapportato alla popolazione femminile in età feconda (15-50 anni) definito ‘Quoziente di fecondità’. Altre definizioni socio-epidemiologiche  sono le seguenti:
-Mortalità generale: Rapporto tra il numero assoluto di morti  e la popolazione valutata a metà anno, riferita a 1.000.
-Mortalità infantile: Rapporto, riferito a 1000 soggetti, tra i morti entro il primo anno di vita e il numero dei nati vivi nell’anno.
-Morbosità:
Generica, esprime il numero degli ammalati rispetto alla popolazione riferita a 1000.
Specifica, rispetto alla popolazione esposta al rischio di ammalarsi di una determinata malattia.
-Morbilità: Esprime il rapporto, riferito a 100, tra il numero dei giorni di malattia e il numero delle giornate lavorative di tutto il gruppo sul quale si effettua la rilevazione.
-Letalità: Definisce il rapporto percentuale tra il numero dei morti ed il numero dei malati per una determinata malattia.
-Speranza di vita: Aspettativa di vita a partire dall’età x, considerata in riferimento ad una mortalità identica a quella esistente al compimento dell’età x.
In riferimento alla valutazione dell’attività dei servizi sanitari, si considerano:
-la funzionalità del servizio: capacità di far fronte alle richieste di prestazioni;
-l’analisi dei costi e dei benefici: stabilisce i rapporti tra prestazioni e risorse.
-l’efficacia e l’efficienza dei servizi sanitari: è valutazione di parametri di qualità, in termini di obiettivi, realizzazioni, servizi erogati e soddisfacimento della domanda.

4.3. Ricerche e tendenze sociometriche 
Esse appartengono alle fonti e costituiscono indicatori per corrispondere ai bisogni della popolazione e per l’organizzazione dei servizi assistenziali. Vengono utilizzati i metodi d’indagine proprie dell’epidemiologia, (che studia i fattori determinanti la presenza e la distribuzione di malattie, deficit, inabilità e morti nella popolazione) in termini di definizioni, rapporti numerici e grafici rappresentativi. L’epidemiologia comprende una branca statistico-descrittiva, una seconda investigativa e sperimentale, ed una terza applicata.
Risultati e controllo fanno parte integrante dello studio, della verifica dei modelli applicati, dell’efficacia degli interventi, del raggiungimento degli obiettivi medico-preventivi territoriali e dei risultati conseguiti, in fatto di costi e benefici.

5.DIRITTO, LEGISLAZIONE, ECONOMIA e MEDICINA

5.1. Diritti umani e diritto
La medicina risponde alla richiesta di salute e cura di una società, sulla base delle conoscenze scientifiche e delle possibilità operative dell’epoca in cui opera, situandosi nell’ambito delle aspirazioni al benessere della persona che il diritto, (Costituzione, principi umani ecc.), garantiscono e definiscono, limitando il campo d’azione degli operatori con azioni normative, leggi, decreti ecc; intervenendo attraverso le affermazioni di principi prima, e con apposite leggi su questioni particolari o nuove problematiche, ogni volta. Le questioni di pertinenza medica o inerenti la ricerca scientifica vengono affrontate  e gestite nell’interesse di tutti i cittadini, per la salvaguardia dei diritti di alcuni, con il supporto del parere di esperti (studi di commissioni, comitati etici e di bioetica), dati ed indagini apposite, attraverso i quali i legislatori, dopo aver vagliato la legittimità delle richieste, sulla base dei diritti fondamentali, riconosciuti in ben note Dichiarazioni internazionali, stabiliti dalla Costituzione dello Stato e dai Codici, dichiarano la possibilità di procedere l’indagine scientifica, di applicare metodiche tecnico-sanitarie, uso e commercializzazione di sostanze farmacologiche, ecc.

5.2. Deontologia, norme e legislazione
I Codici deontologici delle professioni sanitarie costituiscono un irrinunciabile strumento di uniformità dell’agire professionale correttamente inteso, sono riferimento normativo per la prassi medica, richiamano principi e norme legislative, stabiliscono obblighi, compiti e doveri del medico, regolamentano i rapporti con il paziente, con i colleghi, con terzi (altre categorie sanitarie, organi ed attività), ed i rapporti con il Servizio Sanitario Nazionale e con gli enti pubblici e privati. Il medico è tenuto ad informarsi, aggiornarsi (obbligo-ECM), essere al corrente di norme recenti e conoscere le leggi in vigore. Bollettini, gazzette ed informazioni di categoria ottemperano alle necessità.

5.3. Il rapporto medico-cittadino e la giurisprudenza
L’aggiornamento del ‘Codice Deontologico’ ha portato alla sostituzione del termine paziente con il termine ‘cittadino’. Nell’incontro tra cittadini e non più nel rapporto di fiducia nella competenza altrui a cui ‘affidarsi’ per averne parere, assistenza, cure…la nuova terminologia esprime una condizione operativa ben diversa dal passato: al medico tecnico di oggi, al medico sommerso dalle pratiche burocratiche, dalla modulistica, responsabile della spesa sanitaria, è richiesta ben altra competenza rispetto alle conoscenze mediche tradizionali ed universitarie, alla pratica clinica ed ai criteri diagnostici…individuare correttamente il problema, gestire i protocolli, dare risposte mirate e tecnicamente ‘ineccepibili’…In caso contrario, il cittadino, frustrato nella sua richiesta di ‘guarigione’ (è il termine improprio delle aspettative assolute odierne, fondate sul potere ‘scientifico’ e su tecnologie sempre più avanzate), si rivolge -a volte in forma cautelativa, prima di sottoporsi ad un intervento- all’autorità giudiziaria. Il ruolo improprio e minaccioso della giurisprudenza nei confronti dell’attività medica sembra essere un deterrente alla possibilità di errore e la sola garanzia a difesa del cittadino. Nel tentativo di cautelare se stesso e la propria attività, in caso di casuale incidente-errore, il medico sarà costretto a ricorrere ad assicurazioni sempre più onerose, a limitarsi ad interventi tecnico-assistenziali indispensabili, a rinnegare la sua professionalità autenticamente fondata su qualità umane, preparazione culturale e psicologica, su conoscenza ed umanità, etica e capacità di relazione. Ciò che la giurisprudenza non può sanzionare o invadere è la disponibilità attenta all’altro, l’approccio integrato e la benevolenza nei confronti di chi, pur soltanto cittadino, necessita di risposta attenta e di parere professionale, ma esprime prima di tutto il suo bisogno personale, nel recupero del dialogo tra esseri umani partecipi del medesimo processo di ri-umanizzazione e di convivenza sociale.

5.4. Limiti economici per i servizi e per la spesa medica
L’economia condiziona ogni sorta d’impostazione e detta gli indirizzi della politica gestionale, mentre risulta estremamente necessario organizzare ed attuare rapidamente quanto programmato per non incorrere in aumenti o moltiplicazioni di spesa, raggiungendo gli obiettivi in modo puntuale e preciso, le risorse finanziarie previste annualmente trovano altri capitoli da affrontare, i servizi chiudono spesso i loro bilanci in passivo, la spesa sanitaria aumenta sia per la gestione di ospedali e strutture, sia per il progressivo aumento dei costi farmaceutici e tecnologici. La ricerca scientifica, inoltre, spinge e sollecita applicazioni di tecniche ed interventi sempre più complessi per strumentazione, precisione, realizzazione complessiva. Banche dati d’ogni sorta, organi e cordoni ombelicali in viaggio per il mondo, organizzazione di centri e assistenza per il maggior numero di traumatizzati, per la riabilitazione e per malattie invalidanti senili, per l’assistenza ai malati terminali ecc., per far fronte all’invecchiamento della popolazione e assicurare un maggior numero di prestazioni legate a tale fenomeno sociale…A tali esigenze europee, e non solo nazionali, corrispondono un numero sempre più esiguo di lavoratori e di contribuenti in età lavorativa. Il deficit è destinato ad aggravarsi e a cercare altre prospettive di soluzione.

5.5. Medicina e ricerca scientifica: limiti etici o bisogni di mercato?
La ricerca scientifica e le sue applicazioni al mondo della salute ha trovato ampi spazi di mercato, altre rilevanti possibilità di sviluppi: dalle tecniche di fecondazione artificiale alle protesi d’ogni tipo, dall’estetica chirurgica, cosmetica, sportiva all’alimentazione indirizzata da scoperte e divulgazioni, dai trapianti di arti agli impianti cellulari, dalle donazioni ‘libere’ al commercio indotto o tollerato…Ciò che la pubblicità e i media hanno diffuso come scoperte già avvenute, persino di farmaci e vaccini, spesso erano solo i primi passi dell’ipotesi scientifica, ma ha subito creato aspettative e domanda, sino a determinare flussi di persone alla conquista di quella possibile cura o risposta al proprio problema. La legislazione è spesso stata assente o è arrivata in notevole ritardo rispetto all’iniziativa di privati ricercatori (ginecologi, sperimentatori, fautori di eutanasia, di trapiantologi ad ogni costo), arrendendosi al mercato già fiorente ed indotto. La recezione etica della legge spesso, in simili casi, crea ulteriore confusione e induce frammentazione e relativismo, mentre continua a prevalere il concetto di libertà di ricerca in senso assoluto, quasi ‘liberazione’ da qualunque principio etico e sicuro bene da conseguire. Lo stesso progresso economico vede già incrinarsi i suoi principi dominanti, la scienza, di cui l’uomo è faber, già mostra da tempo l’esigenza di rallentare per fondare il suo agire, spesso sconsiderato e imprevedibile, su basi di razionalità e riflessione.
La Bioetica si pone come ausilio e possibilità ‘preventiva’ delle conseguenze distruttive, irreparabili e disumanizzanti della ricerca scientifica e delle sue applicazioni estreme, non finalizzate al bene certo dell’Uomo.

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Sinopoli, Concetta Filomena, SOCIOLOGIA MEDICA e MEDICINA SOCIALE, en García, José Juan (director): Enciclopedia de Bioética.

Última modificación: Monday, 6 de July de 2020, 13:38